Il Bitcoin è la criptovaluta più nota al mondo ed è un sistema di pagamento mondiale creato nel 2009, nelle ultime settimane è tornato in discussione riguardo il consumo di energia per la sua produzione.

I Bitcoin hanno grande valore nel mercato, ma la scorsa settimana Elon Musk con un tweet è riuscito a scatenarne il crollo del -15,8% bruciando miliardi di dollari.

Bitcoin price live: BTC and dogecoin values slump after Elon Musk tweet

Nel tweet dice di aver sospeso la possibilità di acquistare veicoli Tesla attraverso Bitcoin, perché preoccupato dal rapido incremento dell’utilizzo di combustili fossili per il mining e le transazioni.
I bitcoin si basano sulla tecnologia della blockchain, un metodo per archiviare e distribuire i dati che creiamo in un qualsiasi processo in cui si compiono delle azioni, ad esempio una transazione o uno spostamento di merci.

I Bitcoin come possono inquinare?

I minatori del bitcoin, in pratica, cercano di ottenere questa criptovaluta attraverso complessi calcoli matematici, svolti dal processore del computer oppure da quello della scheda grafica, e di fatto estrapolano bitcoin servendosi di sistemi di calcolo molto potenti, ciò comporta un elevato dispendio energetico.
Bitcoin consuma tanta energia per l’attività di mining e, in parte, per validare le transazioni sulla blockchain. Secondo le stime del Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index, il network bitcoin ogni anno consuma circa 149 terawattora, e alcuni lo paragonano allo stesso quantitativo di energia richiesto da interi paesi come Svezia o Argentina. Questo paragone, per quanto forte, non aiuta a capire quanto effettivamente consumi.

Bitcoin consumano o no quanto una nazione intera?

Quindi fermando ogni tipo di allarmismo, bisogna riflettere sul fatto che molto consumo non significa necessariamente molto inquinamento. Facciamo un passo indietro: la maggior parte dell’inquinamento e della CO2 dell’energia elettrica viene dalla sua produzione e non dal suo consumo, per questo motivo per capire se Bitcoin effettivamente inquini bisogna capire qual è il suo energy mix (come riflettevamo sull’ultimo articolo sulle auto elettriche e dei loro consumi), ovvero capire da quali fonti proviene l’energia e come viene utilizzata per i Bitcoin.

L’anno scorso il 76% dei miners di criptovalute ha affermato di utilizzare elettricità da fonti rinnovabili, con idroelettrico e geotermico in testa. In Europa e Stati Uniti miners e centrali idroelettriche, solari ed eoliche per ottimizzare i costi hanno stretto accordi per istallare i loro apparati direttamente presso le centrali per produrre bitcoin sul posto, e secondo le ricerche del CCAF solo il 30% dell’energia consumata per il mining proviene da fonti rinnovabili (dato in crescita).

La transizione verso il rinnovabile è in atto

Questi dati indicano che bitcoin spreca troppa energia? Il 30% è troppo poco o è abbastanza? La moneta elettronica ci porterà al disastro ecologico? Ovviamente no, l’importante però è che se si vuole puntare allo sviluppo di questa valuta si trovi il modo di non gravare sull’ambiente.
In futuro (che è adesso), è necessario generare una quantità tale di energia elettricità da fonti rinnovabili così da abbattere i costi e renderla favorita anche per questo tipo di attività ad altissimi consumi energetici.

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